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Immagine del redattoreSalvatore Ciro Conte

La Riabilitazione nelle Demenze

Riabilitazione nelle Demenze

Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento di studi e dibattiti sui benefici della riabilitazione cognitiva e degli interventi psicosociali e comportamentali nelle demenze.

Con il termine generico Demenze in questo articolo si fa riferimento alle due principali forme di demenza studiate che sono la Malattia di Alzheimer (AD Alzheimer’s disease) e la Demenza Vascolare. Si è scelto di non includere altre forme di demenza data la  scarsa presenzi di sufficienti studi scientifici sui protocolli di intervento.

Quello che emerge è rappresentato dal tentativo di elaborare procedure specifiche di intervento che possono essere adattate e personalizzate a differenza di quelle usate nel passato.

Nel contempo i limiti sempre più evidenti dell’intervento farmacologico hanno fatto emergere l’importanza dell’associazione tra terapia farmacologia ed interventi riabilitativi rivolti al paziente. Nonché degli interventi psicosociali rivolti al caregiver.

Testimoni chiari di questa crescita di interesse per gli approcci non farmacologici rivolti al paziente con demenza sono la pubblicazione nel 2001 di un numero speciale della rivista Neuropsychological Rehabilitation intitolato Cognitive Rehabilitation in dementia.

Clare e Woods[1] nel loro editoriale affermano che l’evidenza scientifica presentata in questo numero speciale supporta significativamente la rilevanza degli approcci riabilitativi cognitivi per le persone con demenza. Allo stesso tempo affermano che molti interrogativi rimangono aperti ed è ampia la necessità di rafforzare ulteriormente i risultati finora ottenuti.

De Vreese, Neri [2] giungono alla conclusione che è possibile ottenere risultati significativi attraverso l’uso di specifiche tecniche di stimolazione della memoria residua nella malattia di Alzheimer.

La memoria è la funzione cognitiva che ha il ruolo di protagonista quando si parla di demenza di Alzheimer, la sua disfunzione ha un importante impatto sulla vita del paziente.

Problemi con la memoria possono causare:

  1. importanti limitazioni nella vita quotidiana di tutti i giorni

  2. disordini comportamentali

  3. disordini emotivi

L’insieme delle difficoltà che affronta il paziente si ripercuote in questi casi anche sui caregiver che si ritrovano loro malgrado ad essere investiti dalla malattia.

Potenziamento Cognitivo nella Demenza

Sono ormai disponibili diversi modelli e programmi dedicati alla riabilitazione cognitiva in pazienti con demenza. Ma come è noto questi pazienti difficilmente riescono a prenderne parte.

Gli interventi di tipo cognitivo, soprattutto quando effettuati in gruppo, hanno l’ingrato compito di ricordare ai pazienti in ogni istante le loro difficoltà con la memoria, l’attenzione e via dicendo.

Affinché il trattamento sia efficace è necessario che il paziente sia stimolato adeguatamente e che mantenga un livello di motivazione elevato.

L’ideazione di programmi di intervento che abbiano la massima efficacia possibile è fondamentale per la riduzione dei costi della spesa sanitaria e soprattutto per garantire a questi pazienti la maggiore autonomia e benessere possibile. Come stimato da Ernst [3], prevenire il declino di due punti nel MMSE (Mini-Mental State Examination) può determinare per una famiglia il risparmio di molto denaro.

La terapia farmacologica a base di inibitori della colinesterasi e memantina fornisce benefici ma è stato studiato che affiancarla ad un percorso di terapia comportamentale può aumentare questi benefici[4] .

Dei diversi approcci riabilitativi si sta affermando negli ultimi anni il modello riabilitativo di tipo biopsicosociale. Tale modello si basa su una strategia di approccio alla persona, sviluppato da Engel negli anni Ottanta, sulla base della concezione multidimensionale della salute descritta nel 1947 dal WHO (World Health Organization).

Il modello pone l’individuo al centro di un ampio sistema influenzato da molteplici variabili.

Per comprendere e risolvere la malattia o il disagio esposto ci si deve occupare non solo delle cause di tipo organico, ma è necessario anche rivolgere l’attenzione agli aspetti psicologici, sociali, familiari dell’individuo, fra loro interagenti e in grado di influenzare l’evoluzione della malattia.

Gli interventi di riabilitazione consistono in trattamenti per deficit di tipo cognitivo e comportamentale attraverso due tipi di intervento specifico:

  1. Recupero (Restoring): il ripristino di una funzione persa

  2. Compensazione (Compensation): ottenere lo stesso risultato attraverso altre funzioni vicarie o strumenti esterni

L’insieme delle tecniche di riabilitazione e delle terapie farmacologiche ha lo scopo di migliorare lo stato cognitivo del paziente affetto da AD. Il presupposto teorico su cui si basano questi interventi è la plasticità neuronale. Il cervello ha la capacità di modulare la sua organizzazione in risposta ai cambiamenti ambientali, ad esempio è possibile osservare cambiamenti in adulti normali in seguito a sedute di training che promuovono la plasticità neuronale [5].

L’attività di training può riagganciare e fortificare il sistema neuromodulatorio che controlla l’apprendimento aumentando la risposta corticale.

I trattamenti dedicati al potenziamento delle funzioni cognitive possono provocare modificazioni a livello molecolare e sinaptico e di conseguenza a livello dei network neuronali.

Clare, Linden [6] hanno confrontato un gruppo sottoposto a trattamento di Riabilitazione cognitiva e rilassamento con un gruppo di controllo con nessun trattamento, nel primo caso si è osservato un aumento del segnale BOLD nelle aree associate al network deputato all’apprendimento e all’encondig visuo-associativo dell’emisfero destro (area del fusiforme, corteccia paraippocampale, giunzione temporoparietale, corteccia mediale prefrontale). Di contro nel gruppo di controllo si è osservata una riduzione del segnale BOLD nel tempo nelle medesime aree.

Riferimenti

  1. Clare, L., Awareness in early-stage Alzheimer’s disease: a review of methods and evidence. Br J Clin Psychol, 2004. 43(Pt 2): p. 177-96.

  2. De Vreese, L.P., et al., Memory rehabilitation in Alzheimer’s disease: a review of progress. Int J Geriatr Psychiatry, 2001. 16(8): p. 794-809.

  3. Ernst, R.L., et al., Cognitive function and the costs of Alzheimer disease. An exploratory study. Arch Neurol, 1997. 54(6): p. 687-93.

  4. Buschert, V., A.L. Bokde, and H. Hampel, Cognitive intervention in Alzheimer disease. Nat Rev Neurol, 2010. 6(9): p. 508-17.

  5. Mahncke, H.W., A. Bronstone, and M.M. Merzenich, Brain plasticity and functional losses in the aged: scientific bases for a novel intervention. Prog Brain Res, 2006. 157: p. 81-109.

  6. Clare, L., et al., Goal-oriented cognitive rehabilitation for people with early-stage Alzheimer disease: a single-blind randomized controlled trial of clinical efficacy. Am J Geriatr Psychiatry, 2010. 18(10): p. 928-39.

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